Il 27 agosto 2021, il Primo Ministro francese Jean Castex, a Caen, ha annunciato un piano nazionale di sostegno ai “tiers lieux”, luoghi terzi, con un finanziamento complessivo di 130 milioni di euro, di cui metà provenienti dal Plan Relance (l’equivalente del nostro PNRR), la cui attuazione è affidata al Ministero della Coesione dei Territori e Relazione con le collettività territoriali.
Le politiche per i luoghi terzi in Francia sono già state avviate da qualche anno. Nel 2018, il Governo diede l’incarico alla Fondation Travailler Autrement, diretta da Patrick Levy-Waitz, di elaborare un’analisi sulla situazione degli spazi di coworking e le cosiddette “fabbriche dei territori” in Francia. Nel 2019, il governo lanciò il piano “Nouveaux lieux, Nouveaux liens”, che il piano attuale riprende e potenzia. La conoscenza della varietà e dinamicità del fenomeno ha indotto a creare, con il supporto del governo, l’associazione France Tiers-Lieux. L’associazione ha il compito di accompagnare lo sviluppo di questi luoghi attraverso le indicazioni fornite dalla ricerca. E’ affiancata dal Conseil National des Tiers-Lieux, che include una sessantina di rappresentanti dei luoghi, con il compito di accrescere le conoscenze e anche di valutare i progetti.
In pochi anni il Governo francese ha studiato e riconosciuto l’importanza di questi nuovi luoghi e tradotto il suo interesse in politiche finanziate e modelli di governance per alimentarle. Negli stessi anni, in parallelo, sono nate spontaneamente anche molte esperienze che aggregano competenze, offrono servizi professionali, animazione culturale e che contribuiscono a ampliare il dibattito, le conoscenze, l’apprendimento reciproco per un miglioramento dei modelli e capacità imprenditoriali delle singole esperienze.
L’annuncio del lancio del piano per i terzi luoghi nell’agosto 2021 è stato preceduto dalle visite del Primo Ministro Castex a diversi siti, tra cui l’Atelier Normand a Carpiquet. Si tratta di un makerspace di 800 m2 dedicato alla lavorazione del legno e del metallo che ospita permanentemente artigiani 4.0, è equipaggiato con i macchinari necessari e offre attività di avvicinamento e corsi di formazione.
I luoghi terzi vengono definiti dal nuovo Piano come un “progetti collettivi di interesse generale, collocati nell’ambito della cooperazione territoriale”. Nascono dall’iniziativa di "comunità attive dei territori", per affrontare sfide locali specifiche. Includono spazi di coworking, fablab, spazi per l’economia circolare, nuove manifatture, servizi e attività per l’inclusione sociale, l’aggregazione, luoghi di produzione e promozione culturale. Essendo progetti generati spontaneamente da soggetti eterogenei, a misura delle identità e opportunità locali, sono tutti diversi tra loro, contengono un mix di attività non facili da classificare, ma sempre incentrate sulle nuove forme del lavoro, in un’ottica di inclusione sociale e dinamizzazione culturale.
Il nome “third places” deriva in realtà dal mondo anglosassone, con un significato leggermente diverso. Nel 1989, Ray Oldenburg, nel libro “The great good place” aveva parlato di “posti”/”spazi” terzi come distinti da casa (primo) e lavoro (secondo), ma si riferiva inizialmente a bar, pub, locali, parrucchieri, biblioteche, centri religiosi, centri sportivi, parchi. Oldenburg era legato alla scuola di sociologia urbana di Chicago che considerava la città come un laboratorio sociale. Ha illustrato il ruolo fondamentale di questi luoghi aperti per lo sviluppo democratico della società, la socialità e capacità inclusiva di una comunità, il rafforzamento del senso di appartenenza locale.
Nell’approccio francese il concetto di “tiers lieux” si amplia dal termine “posto/spazio” a quello di “luogo”, ma anche con un maggiore riferimento forte alla dimensione identitaria territoriale. Si tratta di luoghi aperti e comunitari, sempre terzi rispetto ad alla dicotomia casa-lavoro, ma anche veri e propri motori di sviluppo economico e rigenerazione locale. Sono localizzati nelle grandi città ma anche nei territori extra-urbani, aree ex industriali, zone rurali e montane, in cui diventano elemento fondamentale di innesco di processi di cambiamento sociale ed economico.
Il Piano del Governo francese di agosto 2021 è un punto di potente rilancio di un processo lungo e articolato di esplorazione del fenomeno e prime politiche. Il rapporto più importante e ampio, sulla base del quale il Primo Ministro francese ha deciso di attivare la politica nazionale, è intitolato “Nos territoires en action: dans les Tiers-Lieux se fabrique notre avenir!” pubblicato agosto 2021 dall’Associazione France Tiers-Lieux. Nel rapporto, il fenomeno dei luoghi terzi viene descritto come “un movimento emergente, già sorprendente per la sua ampiezza, che contraddice l’immagine semplificata di una Francia apatica, pessimista, centralizzata, verticale e incapace di riformarsi”.
Lo studio del 2021 ha mappato 2.500 luoghi terzi su tutto il territorio nazionale, già aumentati rispetto ai 1.800 mappati dallo studio del 2019. L’obiettivo della politica attuale è sostenere l’espansione, mirando a contarne già 3.000-3.500 già nel 2022, nonché il loro consolidamento in termini di capacità gestionale e generazione di impatti.
La cartografia e schedatura aggiornata dei luoghi terzi è visibile alla pagina: https://cartographie.francetierslieux.fr/
La Halle Tropisme a Montpellier è un “luogo polimorfo” installato dentro i 4.000m² di un'ex fabbrica meccanica, con 20 dipendenti, che ospita 180 nuovi imprenditori dell’innovazione e della cultura, organizza programmi artistici, culturali, aggregativi per professionisti, studenti e abitanti.
Le tipologie di attività che i questi luoghi offrono, anche variamente combinate tra loro, si articolano: coworking (75%) fablab, atelier digitali (30%), luoghi culturali e creativi (27%), atelier artigianali condivisi (19%), laboratori di innovazione sociale/living lab (17%), cucine comunitarie/food lab (14%), attività agricole/orti condivisi (9%). Le persone che vi lavorano ammontano a 150.000. Il numero di persone che hanno realizzato progetti nei luoghi terzo ammonta a 2,2 milioni; 4 milioni quelli che li hanno frequentati. Si sostengono per il 50% con risorse pubbliche, per il 50% con risorse proprie.
Il Piano prevede 5 assi:
· creazione di 100 manifatture di prossimità (luoghi terzi dedicati alla produzione)
· il sostegno della formazione professionale nei luoghi terzi
· il finanziamento di 3.000 collaborazioni di giovani in servizio civico nei luoghi terzi
· la formazione di advisor digitali all’interno dei luoghi terzi
· il consolidamento della rete nazionale dei luoghi terzi
I luoghi terzi sono al 50% in città francesi medie e grandi, ma molte iniziative si collocano in aree rurali e montane. Il polo culturale-socio-economico a Saint Julien-Chapteuil, Comune di circa 1.900 abitanti nella “petit montagne” della Haute Loire, è in corso di ideazione attraverso un processo partecipativo che coinvolge gli abitanti, il terzo settore e gli enti pubblici. Si parte già da un piccolo coworking, uno spazio di servizi pubblici integrati (Maison France Service), una collaborazione con la Cité du Design di Saint-Étienne, l’ipotesi di una nuova mediateca.
Le considerazioni che si possono trarre da quest’analisi veloce e preliminare sono diverse. Innanzitutto la Francia ha ritenuto opportuno definire progressivamente una politica nazionale, attivando anche l’equivalente del PNRR, per sostenere un fenomeno nuovo e innovativo, di grana fine, non codificato rispetto ai canoni consolidati delle politiche di sviluppo locale. L’ha considerato promettente, da sperimentare e verificare, soprattutto nei confronti del sostegno ai territori più marginali rispetto alle grandi aree urbane. La cifra finora stanziata non è così significativa (rispetto ad esempio ai 1,36 miliardi di euro dedicati ad un’altra politica interessante dello stesso Ministero per lo sviluppo dei territori marginali, “Territoires d’industries”) ma ben indirizzata attraverso un mix di attività d’investimento e di accompagnamento.
L’approccio di costruzione della policy è basato sulla ricerca qualitativa e quantitativa e sostenuto da processi di accompagnamento che valorizzano le competenze dei protagonisti sui territori. L’approccio “evidence based” fondato sulla sociologia, economia urbana e geografia economica ha una lunga tradizione in Francia. L’approccio “abilitante” nei confronti delle esperienze diffuse è stato dichiarato da Macron stesso: “Voglio uno Stato che faciliti i vostri progetti. E’ proprio il ruolo che voglio assegnare a l’Agence nationale de la cohésion des territoires”.
Altro aspetto interessante è legato all’approccio integrato allo sviluppo dei luoghi terzi: recupero di edifici abbandonati, ma anche formazione professionale, inserimento di giovani, attivazione di competenze di digitalizzazione, creazione di una rete nazionale per scambiare, apprendere e dare visibilità. Un sostegno a tutto campo, ritenendo però che i luoghi terzi siano strutture che devono definire i propri modelli d’azione e ricercare le proprie risorse per una sostenibilità economica duratura.
In Italia l’espressione luoghi terzi non è mai stata molto adoperata, forse solo dal sociologo Giampaolo Nuvolati dell’Università Bicocca. Però anche da noi, da tempo, molte voci riconoscono il valore e il potenziale che svolgono i luoghi civici, ibridi.
Elena Ostanel, ricercatrice allo IUAV di Venezia, ha esplorato nel 2017 gli “spazi fuori dal comune” in Italia come luoghi di empowerment dal basso e di innesco della rigenerazione urbana, quali ad esempio le Case del Quartiere a Torino o i laboratori di quartiere a Bologna. Il bando “Culturability” della Fondazione Unipolis ha sostenuto e dato visibilità fin dal 2009 numerosi progetti di innovazione culturale e sociale, con un'attenzione specifica agli spazi culturali nati da processi di rigenerazione e riattivazione. Un recente libro di Roberta Franceschinelli, che ha diretto il programma Culturability per anni, raccoglie e descrive il fenomeno dei nuovi centri culturali multidisciplinari e ibridi in cui si sperimentano linguaggi e si indaga il contemporaneo fuori dai contesti tradizionali. La ricerca Civic Places, coordinata dalla Fondazione Italia Sociale ha mappato 76 posti “belli, attivi e inclusivi”. L’associazione cheFare osserva e analizza da tempo il dinamismo e le forme dei nuovi centri culturali, quali spazi indipendenti e soggetti promotori di cultura ed economia locale, ad esempio attraverso il progetto laGuida. La rete nazionale “Lo Stato dei Luoghi” unisce e fa dialogare gli attivatori di luoghi e gestori di spazi che rappresentano esperienze di rigenerazione a base culturale, promosse e gestite da soggetti privati o del privato sociale. Il bando SPACE (SPazi di PArtecipazione al Centro) della Fondazione Compagnia di San Paolo sostiene progetti per nuovi centri culturali, indipendenti e centri di aggregazione civica. Le cooperative di comunità nelle aree marginali sono un fenomeno straordinario, tutto italiano (come è stato quello degli agriturismi), che ha riportato sviluppo economico sostenibile, integrando turismo, produzione, servizi sociali in aree marginali degli Appennini e Alpi, le cosiddette aree interne. Infine, anche in Italia, ci sono numerosi e interessanti spazi per la nuova manifattura e artigianato.
Questa carrellata di attività in Italia è sicuramente molto incompleta, si tratta solo della punta dell’iceberg, anch’essa parziale a dire il vero, di un grande attivismo di azione e pensiero nei confronti di una materia complessa e entusiasmante.
Le politiche pubbliche in Italia non sembrano però manifestare grande interesse e chiedersi se e come sostenere un fenomeno sempre più rilevante, men che meno attraverso il PNRR, come è successo in Francia. Le politiche per lo sviluppo locale sono considerate meno rilevanti a livello nazionale (salvo note eccezioni come la Strategia nazionale per le aree interne), lasciate maggiormente all'iniziativa dei territori, meno fondate sull'analisi scientifica e su approcci esplicitamente innovativi e collaborativi. Anche il recente Bando Borghi non ha colto quest’opportunità, incentrandosi nei fatti molto sul recupero di edifici, senza una riflessione sistematica sui contenuti dei progetti rigenerativi da realizzare in contesti così sfidanti, e i modelli gestionali sostenibili. Un elemento nazionale di nota in questo ambito al momento in Italia è la proposta di Legge Orfini che mira a riconoscere la funzione culturale di luoghi e spazi della cultura come i live club, i piccoli teatri di prossimità e di quartiere e i centri culturali di prossimità, consentendo di accedere a meccanismi di sostegno e sviluppo di legge riferiti alle imprese e enti del terzo settore.
Queste esperienze di luoghi civici, ibridi e della nuova produzione possono essere considerati piccoli motori di un nuovo modello di sviluppo locale e di rigenerazione urbana e territoriale sostenibile, realmente generativa e su misura per contesti diversi, perché promossi dalla comunità locali stesse. Anche in Italia sarebbe interessante valutarne sistematicamente le caratteristiche, le storie individuali, le tipologie, misurarne l’impatto attraverso ricerche dedicate, e schedature sempre aggiornate. Sarebbe utile raccontarli attraverso una strategia di comunicazione e narrazione adeguata. Il coinvolgimento chi se ne occupa, la messa in rete delle competenze, l'attivazione di una discussione gli attori pubblici, non profit e profit locali favorirebbe l'apprendimento reciproco.
Si tratterebbe di un approccio riflessivo e evolutivo alla costruzione di politiche pubbliche che potrebbe poi portare ad una politica di sostegno nazionale, oppure all’inserimento di indicazioni in altre politiche e programmi, o alla creazione di laboratori di ambito territoriale, o comunque alla crescita di una consapevolezza diffusa del potenziale da parte degli attori pubblici, non profit e profit, aiutando direttamente e indirettamente gli appassionati e coraggiosi "imprenditori di luoghi terzi" sui territori.
La biblio/sitografia è molto ampia. Qui si riporta il principale riferimento francese.
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